IL TRIBUNALE

    Letti  gli  atti  relativi  alla causa civile iscritta al n. R.G.
1362/2006,   nello   sciogliere   la  riserva  formulata  all'udienza
collegiale del 7 marzo 2007;
                    O s s e r v a  i n  f a t t o
    Con  atto  di  citazione  notificato  il 22 dicembre 2005 il sig.
Morlando  Tommaso,  titolare  del  c/c n. 302552/01 acceso presso la.
filiale  di  S.  Antimo  della  S.p.A. Banca Intesa, riferiva di aver
impartito  al  suddetto  istituto  di  credito  ordini di acquisto di
titoli  argentini per il complessivo importo di 85.822,84 euro. Detti
acquisti,  avvenuti su proposta e sollecitazione dei funzionari della
banca,  erano  stati effettuati nella convinzione che si trattasse di
titoli  sicuri,  con  restituzione  garantita  del capitale, da parte
dell'istante  cheaveva sempre mostrato scarsa propensione al rischio.
La  precaria situazione economica e anziana dello Stato Argentino era
invece ben nota all'operatore bancario che, incurante degli interessi
del   cliente,   nessuna   informazione   aveva   fornito   circa  la
pericolosita'  dei  titoli acquistati e coinvolti nel notorio default
del  2001.  Cio'  premesso l'esponente, asserendo che la S.p.A. Banca
Intesa  aveva  dato corso a ordini nulli per difetto della necessaria
forma scritta, aveva agito in conflitto di interessi ed aveva operato
in  violazione delle norme imperative di settore che le imponevano di
richiedere   all'investitore   notizie   circa   la   sua  esperienza
finanziaria  e  propensione  al rischio, di consegnargli il documento
sui  rischi  generali  degli  investimenti e di fornire le necessarie
formazioni  circa  la  natura ed i rischi delle specifiche operazioni
compiute,  la  conveniva  in giudizio chiedendo al tribunale adito di
dichiarare  la  nullita' dei contratti di intermediazione finanziaria
in  questione  per  le indicate causali con condanna della banca alla
restituzione  della  somma  di  85.222,84 euro oltre interessi legali
dalla data del default. In subordine veniva richiesto al tribunale di
dichiarare  la risoluzione per inadempimento degli indicati contratti
sulla  scorta  delle  contestate violazioni con condanna in ogni caso
dell'istituto   di  credito  al  risarcimento  del  danno  patito  da
ragguagliare al capitale perduto, ai patimenti esistenziali subiti ed
alla perdita della possibilita' di impiegare la somma in investimenti
piu' redditizi.
    Con  comparsa  di  risposta notificata il 15 marzo 2006 la S.p.A.
Banca  Intesa  resisteva  alla  domanda  di  cui  invocava il rigetto
deducendo  che:  a)  l'obbligo  della forma scritta risultava assolto
mediante  sottoscrizione degli ordini di acquisto dei bonds argentini
e   del  contratto  di  mandato  per  la  negoziazione  in  strumenti
finanziari con allegata scheda che prevedeva espressamente l'acquisto
di  titoli  volti  a  privilegiare  la  redditivita' piuttosto che la
protezione  del capitale; b) l'attore era persona molto competente in
ambito  borsistico  e con alta propensione al rischio come dimostrato
anche  dal nuovo contratto per la negoziazione di titoli sottoscritto
il  13 maggio 2003 e dalle operazioni molto speculative tuttora poste
in  essere; c) gli acquisti oggetto di lite erano stati effettuati in
piena  autonomia, senza alcuna sollecitazione del personale bancario,
e  dopo  aver  ricevuto  tutte  le  informazioni  sulla  rischiosita'
dell'investimento  da  parte  dell'istituto  di  credito  che nessuna
conoscenza  aveva  avuto delle difficolta' dello Stato argentino fino
alla  dichiarazione  di  default;  d)  nessuna  allegazione  in fatto
supportava  l'affermata esistenza di un conflitto di interessi; e) il
contratto  di  acquisto  di  bonds  per 25.822,84 euro concluso il 27
ottobre  1997 era antecedente non solo all'entrata in vigore del Reg.
CONSOB n. 11522 del 1° luglio 1998 ma anche del d.lgs. n. 58/1998 con
conseguente   irrilevanza  dell'asserita  violazione  dei  doveri  di
comportamento  dell'intermediario prescritti dalle indicate norme; f)
gli acquisti di bond argentini rappresentavano una quota minima degli
investimenti    attorei    con    irravisabilita'    della   gravita'
dell'inadempimento richiesta ex art. 1455 c.c. per la risoluzione del
contratto; g) il Morlando aveva in ogni caso concorso alla produzione
del   danno   non   disinvestendo   quando  la  difficile  situazione
finanziaria dell'Argentina era divenuta di pubblico dominio.
    In  caso  di accoglimento della domanda di nullita', la convenuta
spiegava  infine  domanda  riconvenzionale  volta  a sentir accertare
l'arricchimento    senza    causa   dell'attore   per   gli   importi
corrispondenti  al  valore  attuale  dei bond e degli interessi sugli
stessi percepiti chiedendo la loro compensazione con le somme poste a
carico   della   banca  e  la  decurtazione  di  tali  importi  anche
dall'eventuale  risarcimento  riconosciuto  al  Morlando.  Operata la
notifica  di  memorie  di  replica  ai sensi degli artt. 6 e 7 d.lgs.
n. 5/2003, l'attore notifica alla banca convenuta istanza di sanzione
di  udienza ai sensi dell'art. 8, d.lgs. cit. e ne curava il deposito
in  cancelleria  con  conseguente  designazione del giudice relatore.
Questi,  nell'emettere  il  decreto  previsto dal successivo art. 12,
manifestava dubbi circa la costituzionalita' dell'art. 12 della legge
n. 366/2001  in  relazione  all'art.  76  Cost.  invitando le parti a
trattare tale questione per l'udienza fissata innanzi al collegio. In
tale  sede  il  collegio  si  riservava ritenendo di dover affrontare
preliminarmente detta questione di costituzionalita'.

                         I n  d i r i t t o

    L'art. 12 della legge di delega n. 366/2001 prevede che:
        1) Il Governo e' inoltre delegato ad emanare norme che, senza
modifiche  della  competenza  per  territorio  e  per  materia, siano
dirette  ad  assicurare  una  piu'  rapida ed efficace definizione di
procedimenti nelle seguenti materie:
          a) diritto societario, comprese le controversie relative al
trasferimento delle partecipazioni sociali ed ai patti parasociali;
          b) materie  disciplinate dal testo unico delle disposizioni
in   materia  di  intermediazione  finanziaria,  di  cui  al  decreto
legislativo  24  febbraio  1998, n. 58, e successive modificazioni, e
dal  testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui
al  decreto  legislativo  1°  settembre  1993,  n. 385,  e successive
modificazioni;
        2) Per  il  perseguimento  delle finalita' e nelle materie di
cui  al comma 1, il Governo e' delegato a dettare regole processuali,
che in particolare possano prevedere:
          a) la  concentrazione  del  procedimento e la riduzione dei
termini processuali:
          b) l'attribuzione di tutte le controversie nelle materie di
cui al comma 1 al tribunale in composizione collegiale, salvo ipotesi
eccezionali  di  giudizio  monocratico in considerazione della natura
degli interessi coinvolti;
          c) la  mera  facoltativita'  della successiva instaurazione
della  causa  di  merito dopo l'emanazione di un provvedimento emesso
all'esito  di  un  procedimento  sommario cautelare in relazione alle
controversie  nelle  materie  di  cui  al comma 1, con la conseguente
definitivita'   degli   effetti   prodotti  da  detti  provvedimenti,
ancorche'  gli  stessi non acquistino efficacia di giudicato in altri
eventuali giudizi promossi per finalita' diverse;
          d) un   giudizio   sommario  non  cautelare,  improntato  a
particolare   celerita'   ma   con  il  rispetto  del  principio  del
contraddittorio,  che  conduca  alla  emanazione  di un provvedimento
esecutivo anche se privo di efficacia di giudicato;
          e) la  possibilita'  per il giudice di operare un tentativo
preliminare di conciliazione, suggerendone espressamente gli elementi
essenziali,  assegnando eventualmente un termine per la modificazione
o  la rinnovazione di atti negoziali su cui verte la causa e, in caso
di    mancata    conciliazione,    tenendo    successivamente   conto
dell'atteggiamento  al  riguardo  assunto  dalle  parti ai fini della
decisione sulle spese di lite;
          f) uno  o  piu'  procedimenti  camerali,  anche mediante la
modifica degli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile
ed  in  estensione  delle  ipotesi  attualmente  previste  che, senza
compromettere  la  rapidita'  di  tali  procedimenti,  assicurino  il
rispetto dei principi del giusto processo;
          g)  forme  di  comunicazione  periodica  dei  tempi medi di
durata   dei  diversi  tipi  di  procedimento  di  cui  alle  lettere
precedenti  trattati  dai  tribunali,  dalle corti di appello e dalla
Corte di cassazione.
    In  relazione alla struttura che il legislatore delegato e' stato
chiamato  a delineare per il processo ordinario (e con esclusione del
riferimento  ai  principi  dettati  in tema di giudizio cautelare che
concernono  profili  non  rilevanti  in questo giudizio) dal disposto
dell'art.  12  della  legge  n. 366  del  2001  sono  estrapolabili i
seguenti   principi:   1)   divieto   di  modifica  della  competenza
territoriale  e  per  materia;  2)  necessita' di assicurare una piu'
rapida  ed  efficace  definizione di procedimenti; 3) possibilita' di
dettare  regole  processuali che in particolare possano prevedere: a)
la  concentrazione  del  procedimento  e  la  riduzione  dei  termini
processuali; b) l'attribuzione di tutte le controversie nelle materie
di  cui  al  comma  1  al tribunale in composizione collegiale, salvo
ipotesi  eccezionali  di giudizio monocratico in considerazione della
natura  degli  interessi coinvolti; c) la possibilita' per il giudice
di  operare  un  tentativo preliminare di conciliazione, suggerendone
espressamente  gli  elementi  essenziali, assegnando eventualmente un
termine  per  la modificazione o la rinnovazione di atti negoziali su
cui  verte  la  causa  e,  in  caso di mancata conciliazione, tenendo
in seguito  conto  dell'atteggiamento al riguardo assunto dalle parti
ai fini della decisione sulle spese di lite.
    Nella legge n. 366/2001 il legislatore, dunque, si e' limitato ad
indicare  le  materie  nelle  quali  il  governo  poteva intervenire,
l'obiettivo  di  rendere  piu'  rapida ed efficace la definizione dei
procedimenti, il divieto di modificare la competenza per territorio e
materia,   la   tendenziale   collegialita'   del   procedimento,  la
possibilita'  di  valutare  l'atteggiamento  delle  parti  in sede di
tentativo  di  conciliazione  e la possibilita' di dettare regole che
favorissero   la  riduzione  dei  termini  e  la  concentrazione  del
procedimento.
    L'assoluta  genericita'  e  parzialita' dell'indicazione relativa
alle   modalita'  da  seguire  per  la  realizzazione  dell'obiettivo
dichiarato   di   voler   assicurare  una  piu'  rapida  ed  efficace
definizione  di  procedimenti  nelle  materie individuate, a di fatto
lasciato  libero  il  legislatore delegato di creare un nuovo modello
processuale  che  esula  completamente  dallo schema del procedimento
ordinario disciplinato dal codice di procedura civile.
    A fronte della situazione di fatto venutasi a creare, che vede da
un lato una legge delega che nulla o quasi dice in ordine ai principi
direttivi  cui  si  sarebbe dovuto ispirare il legislatore delegato e
dall'altro   un   decreto  legislativo  che  crea  un  nuovo  modello
processuale  sovvertendo,  nelle  materie  indicate  dalla  legge  di
delega,  i  tradizionali  canoni  che  governano  il processo civile,
questo   tribunale   e'   portato   ad   esprimere   un   dubbio   di
costituzionalita'   dell'art.  12,  legge  n. 366/2001  in  relazione
all'art. 76 della Costituzione.
    Il  legislatore  delegante  non risulta infatti aver indicato con
sufficiente  determinazione  i  principi  ed  i criteri normativi che
avrebbero   dovuto  guidare  l'operato  del  legislatore  delegato  e
pertanto  l'art.  12,  legge  cit.  non appare soddisfare il precetto
dell'art.   76   della  Costituzione  il  quale  consente  la  delega
dell'esercizio  della  funzione  legislativa  al  Governo solo previa
determinazione di principi e criteri direttivi.
    Non  ignora  questo  tribunale  come, per giurisprudenza costante
della  Corte costituzionale, i principi direttivi che l'art. 76 Cost.
richiede  alla legge delega non escludono la possibilita' di lasciare
al   legislatore   delegato  un  ampio  margine  di  discrezionalita'
nell'individuare le modalita' attraverso cui realizzare gli obiettivi
prefissati  dalla  legge  delega. Il potere attribuito al legislatore
delegato  pero', per quanto ampio, non puo' mai travalicare il limite
della  discrezionalita'  nel  senso che, come la Corte costituzionale
insegna   sin   da   risalenti  pronunzie,  «la  legge  delegante  va
considerata  con  riferimento  all'art.  76  della  Costituzione, per
accertare  se  sia  stato  rispettato il precetto che ne legittima il
processo  formativo.  L'art. 76 indica i limiti entro cui puo' essere
conferito  al  Governo  l'esercizio  della  funzione legislativa. Per
quanto  la  legge  delegante  sia  a carattere normativo generale, ma
sempre  vincolante per l'organo delegato, essa si pone in funzione di
limite  per  lo  sviluppo  dell'ulteriore  attivita'  legislativa del
Governo.  I  limiti dei principi e criteri direttivi, del tempo entro
il  quale puo' essere emanata la legge delegata, di oggetti definiti,
servono  da  un lato a circoscrivere il campo della delegazione si da
evitare  che  la  delega  venga  esercitata  in modo divergente dalle
finalita'  che  la  determinarono;  devono  dall'altro  consentire al
potere delegato la possibilita' di valutare le particolari situazioni
giuridiche  della  legislazione  precedente, che nella legge delegata
deve  trovare  una  nuova regolamentazione. Se la legge delegante non
contiene, anche in parte, i cennati requisiti, sorge il contrasto tra
norma dell'art. 76 e norma delegante, denunciabile al sindacato della
Corte   costituzionale,   s'intende  dopo  l'emanazione  della  legge
delegata» (cosi' Corte cost. 26 gennaio 1957, n. 3).
    In  particolare,  per  quel  che  rileva in questa sede, nulla ha
detto  la legge delega in ordine allo schema processuale da adottare,
lasciato  non  piu'  alla  scelta  discrezionale  ma all'arbitrio del
legislatore  delegato,  come  emerge  chiaramente  dal  contenuto del
decreto  legislativo che ha creato un nuovo modello di processo al di
fuori delle regole dettate dal codice di procedura civile.
    Il  nuovo  rito societario previsto per il processo di cognizione
davanti  al tribunale costituisce infatti, come indicato dalla stessa
relazione  della  commissione  ministeriale,  un vero e proprio nuovo
modello  processuale,  che  si  distacca  volutamente sia dal modello
processuale  del 1942, sia da quello del processo del lavoro del 1973
ed  infine  anche  da  quello delineatosi con la riforma del 1990. Il
nuovo  rito  di  cognizione  di  primo  grado davanti al tribunale in
materia  societaria  prevede  tutta  la prima fase del processo senza
l'intervento del giudice; nell'atto di citazione al sensi dell'art. 2
non  e'  piu'  indicata l'udienza avanti al giudice ed il termine che
l'attore  fissa  al  convenuto per la comunicazione della comparsa di
risposta  e'  stabilito  solo  nel  minimo;  cosi  nella  comparsa di
risposta, ai sensi dell'art. 4, il convenuto puo' a sua volta fissare
all'attore,  per  eventuale  replica, un termine stabilito ancora una
volta  solo  nel minimo; con lo stesso meccanismo l'art. 6 prevede la
possibilita'  di  una  replica  da  parte  dell'attore  e l'art. 7 la
possibilita' di una controreplica da parte del convenuto e poi ancora
ulteriori  repliche  e controrepliche. Solo a seguito dell'istanza di
fissazione  di  udienza  di cui l'art. 8 interviene il giudice, in un
momento  pero'  in cui sia il thema decidendum che il thema probandum
si  sono  gia' definitivamente formati totalmente al di fuori del suo
controllo.
    D'altra parte la stessa istanza di fissazione di udienza, con gli
effetti  preclusivi  rilevantissimi  stabiliti  dall'art. 10,  e' uno
strumento lasciato nella totale disponibilita' delle parti o anche di
una  sola di esse, che puo' utilizzarlo a suo piacimento, nel momento
ritenuto piu' opportuno. Ancora poi va segnalato l'art. 13 in tema di
contumacia  o  costituzione  tardiva  del  convenuto,  che  introduce
l'innovativo  principio  (di cui nella delega non vi e' traccia), per
cui  nel  caso  in  cui  il  convenuto  non  notifichi la comparsa di
risposta   nel   termine   stabilito  o  anche  solo  si  costituisca
tardivamente  'i  fatti  affermati  dall'attore  ... si intendono non
contestati   e  il  tribunale  decide  sulla  domanda  in  base  alla
concludenza di questa.
    Da  quanto  precede  emerge  con  chiarezza  che  il  legislatore
delegato,  in  forza  di  una  delega  assolutamente carente sotto il
profilo  dell'indicazione  di criteri direttivi, ha potuto creare una
disciplina interamente nuova per il processo societario di cognizione
ordinaria,  anticipando  quel  rito  ordinario  prefigurato dal testo
redatto  dalla  commissione  ministeriale per la riforma del processo
civile.
    Non  reputa  questo tribunale che possa andare esente da dubbi di
costituzionalita' una legge delega che nel consentire la creazione di
un  nuovo  processo,  seppur  circoscritto  a determinate materie, si
limiti  ad  indicare  un  obiettivo,  quelli  di «assicurare una piu'
rapida  ed efficace definizione di procedimenti», tra l'altro nemmeno
particolarmente qualificante in quanto comune a qualsivoglia progetto
di  riforma  del  processo  civile,  un  divieto  di  «modifica della
competenza  territoriale  e  per  materia»,  una  preferenza  per  la
collegialita',  un  rilevante  ruolo del tentativo di conciliazione e
un'indicazione   massima   a   favore   della   «concentrazione   del
procedimento e della riduzione dei termini processuali».
    Di   conseguenza   ad   avviso   del  tribunale,  in  quanto  non
manifestamente    infondata,    va    rimessa    la    questione   di
costituzionalita'  dell'art. 12  della  legge n. 336/2001 nella parte
relativa al procedimento ordinario di primo grado e, per derivazione,
degli articoli da 2 a 17 del decreto legislativo n. 5 del 2003.
    La  questione  e'  altresi'  rilevante  in  quanto, vertendosi in
materia  di  intermediazione  mobiliare  e  di  vendita  di  prodotti
finanziari,  il  giudizio e' stato iniziato nell'alveo procedimentale
previsto  dal  d.lgs.  n. 5 del 2003, emanato in forza della predetta
legge di delega, e dalla pronunzia della Corte costituzionale dipende
l'applicabilita'   dell'intera   nuova  disciplina  processuale  alla
concreta fattispecie sottoposta al vaglio di questo tribunale.
    Tanto  premesso,  in  fatto e diritto, va disposta la sospensione
del  presente  giudizio  e  la  trasmissione  degli  atti  alla Corte
costituzionale  per  la  decisione  sulla  questione pregiudiziale di
legittimita'  costituzionale in quanto rilevante e non manifestamente
infondata.   Alla  cancelleria  vanno  affidati  gli  adempimenti  di
competenza, ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87.